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Ictus cerebrale ischemico

Ictus cerebrale ischemico – Stenosi Carotidea

Come prevenire e trattare le cause – non cardiogene - più frequenti di questa devastante malattia

 

 

      L’ictus Cerebrale ischemico (Colpo apoplettico-Stroke) è un evento che colpisce acutamente il cervello provocando un danneggiamento delle sue funzioni.

      E’ provocato dall’occlusione di un vaso cerebrale e produce un infarto (morte) di una porzione più o meno estesa di cervello.

      Dipende più frequentemente da un evento embolico dalle cavità cardiache (cardio-embolico) di cui in questa sede non parleremo o da frammentazione di placche aterogene arteriose (atero-embolico), o da occlusione acuta di un vaso arterioso cerebroafferente per evoluzione di una placca aterosclerotica (atero-trombosi).

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      E’ più frequente nel sesso maschile, nei soggetti fumatori, con ipertensione arteriosa, con diabete mellito, sovrappeso e che conducono una vita sedentaria.

      La sintomatologia, specie nel distretto carotideo, comprende il non riuscire a parlare nel modo corretto, il perdere la forza o sensibilità in metà del corpo, la improvvisa perdita di vista o di campo visivo in uno dei due occhi.

      Questa sintomatologia può essere transitoria (nel 20-25% dei casi) determinando il cosiddetto TIA o attacco ischemico transitorio, con recupero totale in assenza di lesione o comunque molto limitata.

      Mentre risulta definitiva nell’Ictus con infarto cerebrale che può essere Minore, cioè di piccola estensione o in zone di minor importanza, con buone probabilità di recupero, o Maggiore, nel cui caso si producono usualmente deficit permanenti.

      Le misure di prevenzione che possiamo attuare sono rappresentate dalla correzione igienico/dietetica/farmacologia delle cause predisponenti di cui abbiamo parlato in precedenza.

      In presenza di fattori di rischio non modificabili,come ad esempio una Arteriopatia manifesta e/o Stenosi Carotidea, si dovrà assumere anche un Antiaggregante piastrinico come l’Aspirina, Ticlopidina, Clopidogrel.

      In quest’ultimo caso o in presenza di sintomatologia, un EcoColorDoppler permetterà di verificare la presenza o meno di una stenosi (restringimento) a carico dei vasi del collo.

      Se viene rilevata una stenosi Carotidea o Vertebrale, correlata ai sintomi, maggiore del 60-70%, non è più sufficiente il solo trattamento farmacologico, ma esiste indicazione ad un trattamento chirurgico convenzionale (Endoarteriectomia) o endovascolare (Stenting).

      Lo stesso in caso di Stenosi Carotidee asintomatiche superiori al 70-80%, soprattutto in caso di placche “instabili” e da effettuare in Centri che possano offrire un basso tasso di complicanze maggiori. Nei Trials Internazionali è richiesta una percentuale inferiore al 3%, anche se oggi nei Centri ad alto volume, come il nostro, la percentuale è al disotto dell’1%.

      L’Endoarteriectomia Carotidea consiste nella preparazione della biforcazione Carotidea, tramite una breve incisione su un lato del collo. Incisione della Carotide, asportazione della placca ateromasica e chiusura della Carotide o direttamente, specie se viene utilizzata la metodica per Eversione, o mediante un “patch” (toppa di tessuto biocompatibile) di allargamento. L’intervento può essere condotto sia in Anestesia Generale, che Locale o a Coscienza Conservata, in base alle caratteristiche e comorbilità del paziente.

 

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        Quando siamo di fronte ad un placca “compatta” od il paziente presenta delle condizioni generali o locali tali da non consigliare l’Endoarteriectomia, eseguiamo un intervento endovascolare di Stenting Carotideo. Tale metodica prevede l’inserimento percutaneo, in anestesia locale, usualmente dall’inguine, ma anche dal braccio, di un catetere da cui far passare uno Stent che viene quindi dilatato nel tratto ristretto, sotto la protezione di un dispositivo apposito (filtro o palloncino).

      Nei Centri con maggiore esperienza, avendo a disposizione anche stent di nuova generazione, la metodica viene applicata sempre in un numero maggiore di casi.

 

 

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        La degenza è usualmente di un paio di giorni dopo entrambe le procedure, con tutti gli accertamenti effettuati in regime di preospedalizzazione, per entrambe le metodiche.